Un aiuto per una spiegazione del comportamento di sincronizzazione umano nelle esperienze rituali collettive, ci viene dato dalla recente scoperta dei neuroni a specchio (in realtà la scoperta ha una portata
molto più ampia in quanto riesce a spiegare molte delle dinamiche dell’apprendimento umano). Secondo lo psicologo evolutivo Daniel Stern, i neuroni a specchio forniscono una spiegazione dei meccanismi neurobiologici per comprendere molti fenomeni, tra i quali: la lettura degli stati della mente degli altri, specialmente le intenzioni; la risonanza emozionale tra persone; i fenomeni dell’empatia.
Da un punto di vista neurologico, i neuroni a specchio sono adiacenti ai motoneuroni. Questi particolari neuroni scaricano, nel momento in cui osserviamo un nostro cospecifico fare una determinata azione, in
una maniera che rappresenta un “come se” neurale dell’azione che stiamo osservando. Il peculiare funzionamento ci permette di sperimentare la cosa “come se” stessimo facendo la stessa azione, in realtà senza doverla fare. In altre parole possiamo sperimentare le stesse emozioni, sensazioni,
etc. Il risultato di questo processo, sostiene Stern, è la nascita dell’intersoggettività attraverso la comprensione, la risonanza emotiva, la funzione empatica, l’identificazione e la condivisione degli stati di attivazione. La scoperta dei neuroni a specchio risulta dunque avere un alto potere esplicativo anche per un’altra ipotesi che riguarda la dinamica psicoterapica, secondo cui all’interno del setting terapeutico gli stati di coscienza che vi si possono generarvengono condivisi sia dal paziente che dal terapeuta. Infatti, alcune ricerche sulle dinamiche di attivazione neurofisiologica che si possono generare all’interno dell’incontro terapeutico hanno evidenziato l’insorgenza di stati alterati di coscienza condivisi tra paziente e psicoterapeuta. L’elemento “induttivo” per l’alterazione dello stato di coscienza è connesso alla dinamica psicoterapica in quanto realtà fortemente connotata nei suoi termini emozionali e ritualizzata nelle sue sequenze segna-contestuali, in cui la strutturazione del setting clinico (riconosciuto come luogo “sacro”) va di pari passo alla costruzione di quella comunione condivisa d’intenti definibile con il termine “alleanza terapeutica”.
In conclusione, non credo che sia una forzatura identificare all’interno dei processi sequenziali della psicologia della “guarigione” una forte componente ritualistica in quanto, la dinamica intersoggettiva che
si genera nel tempo all’interno della cocostruzione del setting attraverso le peculiari ridondanze strutturali connesse al contesto, manifesta quelle valenze di condivisione di significati capaci di modificare i processi di categorizzazione narrativa che sono alla base della costruzione del senso della nostra realtà di esseri umani.
L’insieme è qualcosa di più
della somma delle singole parti.
(Primo assioma della Gestalt Theory)
fonte: Dott. Paolo Chellini
Dott.Paolo Chellini Psicologo, Psicoterapeuta
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